L’occasione è stata una tavola rotonda tra docenti di Diritto Penale, Amministrativo ed Internazionale all’Università Cattolica di Milano. Il titolo dell’evento: “La Politica dei porti chiusi – La questione di legittimità e responsabilità nazionale ed internazionale”


La prima domanda che è stata posta alla Prof.ssa De Vittor ricercatrice di Diritto Internazionale è se i porti possano o no essere essere chiusi secondo le vigenti norme di diritto internazionali e la risposta è perentoria: “Così come avviene oggi assolutamente no”.

Interessante soprattutto il punto di vista sul piano del diritto penale e internazionale che viene posta all’attenzione di chi seguirà l’intervista. Le condizioni per l’esercizio di misure ostative agli sbarchi e soprattutto di salvataggio di migranti non può essere considerata contra- legem, specifica la Professoressa la quale ci tiene a precisare che se rilievi possono essere fatti sul piano penale sarà la magistratura a sancirlo ma in questo momento non sussistono condizioni che possano in qualche momento condannare Rackete la quale ha agito all’interno dei principi del diritto che solo l’Ue può modificare.

Ovviamente interessante è sentire la legale della sea watch Lucia Gennari, la quale spiega non essere sussistente la condizione in punta di diritto per condannare Rackete, anzi: al contrario la capitana ha rispettato le norme del diritto internazionale, ha detto il legale, ribadendo che sul piano del diritto le norme hanno delle gerarchie precise. Insomma un quadro che spiega perché la giustizia italiana altro non ha potuto fare che riconoscere la correttezza della Rackete. A cui la legge avrebbe dovuto impedire di fare quello che ha fatto, secondo i suoi detrattori, solo se ci fossero stati dei politici che avessero agito per cambiare le cose. Da tempo si discute del ruolo interpretato da molti europarlamentari italiani, ma non solo, che si sono distinti nel tempo.

Politici spesso risultati assenti

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